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Emergenza medici di base in Provincia di Rovigo

In Polesine sono 39 le zone “carenti”, il doppio rispetto al 2019. L’allarme dello Spi Cgil Rovigo: «Tantissimi anziani non sanno più a chi rivolgersi». Ecco il quadro generale in regione e nella provincia di Rovigo.

Raddoppiano in Polesine le zone “carenti” (aree cioè sprovviste di un numero adeguato di medici di base), nel 2019 nella nostra provincia queste ammontavano ad una ventina, mentre ora se ne contano almeno 39 e a giugno di questo stesso anno addirittura 41. A inizio 2022 in Veneto c’erano 2.826 medici di famiglia in servizio, 1.519 pazienti per medico (quando il rapporto ottimale sarebbe di uno ogni mille), contro un fabbisogno potenziale di 3.303 professionisti. Si calcola che nella nostra regione nei prossimi sette anni usciranno dal servizio, soprattutto a causa dei pensionamenti, 1.878 medici e ne entreranno solo 595. 


Se fosse così diventerebbe impossibile seguire i pazienti, specialmente quelli anziani, i più fragili e dunque minacciati dalla grande crisi della sanità territoriale.

La medicina integrata

Un modo per tamponare almeno in parte il problema sarebbe la nascita degli studi di medicina integrata, strutture con più medici e una segreteria comune. La delibera di giunta numero 476 sul piano di sviluppo delle cure primarie prevedeva che nel biennio 2018 – 2020 oltre il 60% dei professionisti si aggregassero fra loro. Invece al 19 maggio 2020, così come indicato dallo stesso Palazzo Balbi, le strutture integrate erano solo 77 con 656 medici, il 22% del totale.

Il quadro si aggrava a causa delle malattie croniche

Il quadro si fa ancora più preoccupante tenendo conto delle tante persone anziane, soprattutto over 80, che devono fare i conti con più malattie croniche e che avrebbero bisogno di un filtro quasi costante con il medico di base. Ricordiamo che, secondo il rapporto Ser del 2020 sulle malattie croniche, il 47% della popolazione veneta ha, almeno, un codice di diagnosi di patologia acuta o cronica e che un terzo della popolazione complessiva (34,1%) presenta almeno una malattia cronica; tra essi il 51,1% ha una singola malattia, il 23,2% due patologie croniche compresenti, il 7,5% 5 o più patologie.

• Nicoletta Biancardi (segretaria provinciale di SPI Cgil Rovigo) afferma: “Siamo molto preoccupati, soprattutto per i nostri anziani, ci sono zone completamente scoperte, soprattutto nei comuni e nelle frazioni più piccole, dove i pazienti non sanno a chi rivolgersi per farsi curare oppure devono affrontare distanze insostenibili per trovare un medico. La programmazione della Regione su questo fronte è stata davvero deficitaria e la colpa non è nemmeno del Covid, perché la pandemia ha solo fatto esplodere una situazione già di per sé drammatica. Le borse di studio finanziate dal Veneto nel 2020 (80) e nel 2021 (306) risultano del tutto insufficienti per recuperare i ritardi accumulati, ma anche tardive dato che quei medici saranno operativi nel 2025. Palazzo Balbi deve attivarsi per il finanziamento di un numero più elevato di borse, noi proponiamo almeno 600, altrimenti fra qualche anno ci troveremo in una situazione ancora più ingestibile. Bisogna poi spingere verso una accelerazione delle aggregazioni fra medici di medicina generale, solo così si possono tamponare le falle del sistema e garantire un servizio costante a tutti gli assistiti quando uno dei medici non è più in servizio in modo temporaneo o permanente. Lo Spi chiede anche da tempo una maggiore integrazione dei MMG nel sistema sanitario, a partire dall’inserimento nelle nuove Case di Comunità e dalla revisione del loro rapporto di lavoro: oggi, di fatto, sono dei liberi professionisti mentre dovrebbero diventare dipendenti delle aziende sanitarie, considerato il loro ruolo strategico nella filiera della cura delle persone”. 


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