Attorno all’area dove sorge il Duomo nacque e si sviluppò la città. La Parrocchia di S. Stefano Papa e Martire fu la prima a sorgere a Rovigo.
Per qualche secolo, fu l’unica ad avere il Battistero (Dometto), sulla cui facciata era affrescata l’immagine della Beata Vergine delle Grazie, che venne demolito per far posto all’attuale Duomo.
Il primo documento che attesta, sia pure indirettamente, dell’esistenza della chiesa risale al 964, e si limita a fornire la citazione di un Leo arciprete di Santo Stefano di Rovigo.
foto : © Loris Slaviero ph.
Annesso alla chiesa, ma da esso distinto, doveva essere il battistero. Ricostruito nel 1361, come ricorda una lapide sopravvissuta, ebbe forma di chiesetta a pianta longitudinale.
Fonti settecentesche descrivono la fabbrica in laterizio, di impianto gotico e che sulla lunetta della porta aveva affrescata un’immagine della Madonna col Bambino. Probabilmente attorno alla metà del XV secolo si ebbe un’ulteriore ricostruzione della chiesa: il nuovo Duomo fu consacrato nel 1461. Di questa costruzione abbiamo un disegno, sia pure non del tutto comprensibile, nella veduta prospettica di Rovigo edita dal Mortier.
Il Duomo due secoli dopo risultò già gravemente compromesso, al punto che nel 1691 si dovette pensare alla ricostruzione prendendo le offerte dei fedeli e un contributo cittadino di 2.000 ducati, ricavati dall’aggregazione al Consiglio di due famiglie cittadine. Nel 1696 i lavori iniziarono con il progetto del padovano Girolamo Frigimelica escogitando di raddoppiare le dimensioni. Nel giro di 15 anni la costruzione era a buon punto, tanto che nel 1711 si poté completare la demolizione del Duomo vecchio, e il 14 febbraio il vescovo Filippo Della Torre poté celebrare la prima messa nel nuovo.
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Tuttavia le cerimonie ufficiali vennero compiute nel battistero fino al 1716, e solo nel 1729 la costruzione di S. Stefano – che era diretta da Vincenzo Bellettato di Fratta – si poteva considerare praticamente conclusa: mancavano solo la cupola e la decorazione della facciata.
Quest’ultima, secondo le previsioni, era stata realizzata in posizione notevolmente avanzata rispetto alla precedente, per cui la nuova costruzione veniva a trovarsi a ridosso del battistero, rendendo disagevole il traffico fra porta Arquà e la piazza.
Nel 1737 Girolamo Vanezze aveva lasciato disposizione testamentaria per l’erezione della facciata di marmo, ma prima che si attuasse la volontà del Vanezze intervenne una legge veneta che impedì alle opere pie di ricevere simili eredità, e quindi vennero meno le risorse per il completamento del Duomo.
Di alto livello le opere contenute: la Vergine Maria del Michieli detto il Vicentino e un Cristo risorto con S. Bellino e S. Stefano (1625), dipinto da Jacopo Palma il Giovane.
Sono attribuite a Benvenuto Tisi da Garofolo le due tele ai lati dell’abside che rappresentano S.Paolo e S. Pietro. Molto particolari sono le facciate e gli ingressi dei Palazzi circostanti sorti attorno allo stesso periodo di rifacimento.
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