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A Palazzo Roncale il Rugby la città e i tifosi sono protagonisti della prossima mostra

Sangue e Arena.

Palle di neve sull’arbitro e forche caudine per gli ospiti.

Calore e colore della tifoseria Rossoblù

Ivan Malfatto, co-curatore con Willy Roversi e Antonio Livero di “Rugby. Rovigo, città in mischia” mostra nata da un'idea di Sergio Campagnolo (mostra promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, aperta dal 22 ottobre al 29 gennaio, in Palazzo Roncale), ha indagato il rapporto fra squadra di rugby e suoi tifosi. Un rapporto molto stretto fin dalle origini. 

Già al terzo anno di attività, 1938, un articolo di giornale rivela che l’allora Gil Rovigo alla vigilia della semifinale del campionato giovanile contro il Torino viene portata in ritiro a Fiesso Umbertiano, nelle campagne del basso Polesine, per tenerla al riparo dalle pressioni dei tifosi e della città.

È un tifo appassionato, torrido, lontano da ogni concetto di fair-play. Chi va allo stadio Tre Martiri vuole partecipare fisicamente e da protagonista alla gara, non solo da spettatore, e soprattutto vuole vincere. E se perde è colpa dell’arbitro. Così episodi come quelli del 1941, nei quali arbitro e presidente federale sono presi a palle di neve, non sono occasionali. Un documento del Gabinetto di Prefettura – consultato da Ivan Malfatto - del 22 dicembre 1952 rivela che la Questura potenzia il servizio d’ordine in occasione di Rovigo-Petrarca per evitare invasioni di campo e lanci di palle di neve.

 

Leggendari i racconti di Paolo Rosi, poi diventato telecronista Rai, e di altri grandi rugbisti del passato, sulle “forche caudine”, il corridoio fra spogliatoi e campo dove i giocatori passavano a un metro dai tifosi, divisi solo da una rete metallica, dove gli avversari erano ricoperti di insulti, calci, sputi ed erano “infilzati” con le punte degli ombrelli, se non erano lesti a scansarsi. Altri tempi. Tifo spontaneo.

 

Negli anni Settanta Rovigo è invece pioniere del tifo organizzato. «I Bersaglieri di San Sisto” è stato il primo club di tifosi organizzati di rugby in Italia - racconta al “Gazzettino” il suo ultimo presidente Angelo Chinaglia: è nato nel febbraio 1972 ed è stato attivo fino alla stagione 2006/07. Negli anni d’oro siamo arrivati ad avere 150 soci, che non si limitavano a pagare la tessera, erano dei sostenitori finanziari. Abbiamo sempre portato il nostro striscione in tutta Italia alle partite».

 

Uno striscione, prezioso come un vessillo di guerra, che ha una storia affascinante, specchio della passione per il rugby di club a Rovigo. «Lo striscione originario ci è stato bruciato a L’Aquila dai tifosi avversari,continua Chinaglia. Il capitano Angelo Visentin e i giocatori diedero al club San Sisto un premio partita per ricomprarlo. Il secondo è stato parzialmente stracciato a Brescia. Quello attuale, conservato allo stadio, è il terzo. Essendo il primo club di tifosi italiano l’allora presidente federale Aldo Invernici lanciò la proposta di annoverarci ufficialmente nella Fir. Dopo una serie di consigli infuocati la risposta fu no, perché non volevamo spartire nulla con una federazione che spesso faceva gli interessi di altri e non di Rovigo».

 

Orgoglio e passione contagiavano i bar cittadini che, in quegli anni, erano sede ognuno di una tifoseria diversa.

La Gioventù Rossoblù e Tony Manero furono i protagonisti della tifoseria della stagione degli anni ‘80 e ‘90. Furono gli anni del mitico Treno Rossoblù allestito per la prima finale scudetto dei play-off a Roma nel 1988, dei 23 pullman per quella di Bologna l’anno dopo, del treno bis per la finale di Brescia 1990. Intanto club Rossoblù nascevano nei paesi del Rodigino (Ceneselli, Tito Lupini di Fratta, ecc.). Un crescendo che oggi si esprime nelle Posse Rossoblù, unica tifoseria italiana presente in tutte le trasferte, organizzatrice persino del “Derby degli striscioni” in occasione di qualche Rovigo-Petrarca. Senza tralasciare gli “Amici di Moreno”, con epicentro a Boara e “Passione Rossoblù” in città. Con i dieci pullman di questa “prima linea”, e dietro le auto di tutta la tifoseria spontanea, Rovigo si è presentata a Parma all’ultima finale scudetto. Palle di neve e punture d’ombrello sono ormai archeologia del tifo. La passione invece resta immutata.

© Fondazione Cariparo


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