Storia. Il Ricordo dell'alluvione in Polesine nel 51

68 anni fa, il 14 novembre 1951, iniziò l’alluvione del Polesine.

L'alluvione causata dall'esondazione del Po nella provincia di Rovigo, è considerato uno dei peggiori disastri idrogeologici della recente storia d'Italia. La terra tra due fiumi divenne ben presto terra tra acqua e fango.

In questo periodo di alluvioni e cambiamenti climatici, il ricordo oggi piu che mai non può che far riflettere su quanto fatto e quanto la storia insegni.

Il Sindaco di Rovigo all'epoca era Giancarlo Morelli definito il sindaco dell'alluvione. A Rovigo venne istituito il quartiere generale del coordinamento delle operazioni di soccorso, di accoglimento e trasferimento degli sfollati.

 

La tracimazione del Po del 14 novembre, iniziò nella zona fra i comuni di Occhiobello e Canaro, sull’argine sinistro. Seguirono una serie di rotte degli argini, presso Paviole, Bosco e Malcantone, che fecero fuoriuscire milioni di metri cubi di acqua nelle povere campagne del Polesine, costringendo alla fuga migliaia di persone, soprattutto contadini. Il disastro causò quasi cento vittime di cui circa 84 nel solo episodio del cosiddetto "Camion della morte" che vide l'automezzo carico di fuggiaschi sorpreso dall'inondazione la notte del 14 novembre a Frassinelle. In frazione Passo del Comune di Frassinelle Polesine è visitabile il sacrario di San Lorenzo, piccolo cimitero dedicato alle 84 vittime del "camion della morte".

Le tre bocche di rotta misuravano, ad evento concluso, 220 m quella di Vallone di Paviole, 204 m quella in località Bosco e 312 m quella di Malcantone.

Alle ore 19:45 del 14 novembre, l'argine maestro del fiume Po ruppe a Vallone di Paviole, in Comune di Canaro. Alle ore 20:00 si verificò una seconda rotta in località Bosco in comune di Occhiobello. La terza falla si produsse poco più tardi, alle ore 20:15 circa, in località Malcantone dello stesso comune. La massa d'acqua che si riversò con furia sconvolgente sulle terre del Polesine fu immane. 

In pratica, circa 2/3 della portata fluente, anziché proseguire la sua corsa verso il mare entro gli argini del fiume, si riversò sulle campagne e sui paesi. 

Il volume d'acqua complessivamente effluito dalle rotte è stato pari a otto miliardi di metri cubi.

La superficie allagata è stata di oltre 100.000 ettari, pari a circa il 52% del territorio dell'intero Polesine, compreso il Cavarzerano (VE).

Il numero dei profughi costretti a lasciare le proprie abitazioni fu compreso tra 180.000 e 190.000 unità.


Dal 1951 al 1961 lasciarono in modo definitivo il Polesine 80183 abitanti, con un calo medio della popolazione del 22%. Al 2001 abbandonarono il Polesine oltre 110.000 persone. In molti comuni il calo superò, dal '51 all'81, il 50% della popolazione residente con molte conseguenze sociali ed economiche. 

All'epoca oltre all'impossibilità di portare a compimento le necessarie opere di contenimento idraulico mediante sovralzo delle arginature, a giocare un ruolo decisivo sulla localizzazione delle rotte fu certamente la specifica conformazione dell'alveo fluviale nonché la presenza al suo interno di considerevoli manufatti. Il territorio di Occhiobello è infatti posto a monte di una strettoia in corrispondenza della quale erano e sono tuttora presenti, a breve distanza l'uno dall'altro, il ponte stradale sulla Strada Statale 16 e il ponte ferroviario della linea Padova-Bologna. Entrambi questi manufatti di attraversamento hanno numerose pile in alveo, di notevoli dimensioni e ingombro trasversale. Tale riduzione della sezione di deflusso non può essere completamente compensata dall'aumento della velocità della corrente e viene pertanto a prodursi un innalzamento del livello idrico a monte.

Altra circostanza sfavorevole, seppur di importanza marginale, che viene richiamata dalla letteratura esistente quale concausa delle rotte, è la presenza dei forti venti di scirocco che soffiavano quel tragico 14 novembre. A tale fattore si imputa un incremento del livello dell'acqua in sponda sinistra, posta a nord rispetto al fiume, cioè in direzione di vento, pari a 20 ÷ 30 centimetri rispetto a quella destra.

Un ulteriore effetto negativo prodotto dai venti meridionali è stato quello di determinare l'innalzamento del livello di marea nell'Adriatico settentrionale, con la registrazione a Venezia, alle ore 8:05 del 12 novembre 1951, di + 151 cm sul livello del medio mare, riducendo così la capacità di ricezione di quest'ultimo e quindi la velocità di deflusso del fiume verso il mare.

Per ultimo, ma certo non meno importante quale causa del disastro, va sottolineato il fatto che alcuni tratti dell'argine sinistro avevano quota sommitale depressa rispetto al livello teorico di sistemazione, calcolato in modo da garantire un determinato franco arginale (pari a 1,00 ÷ 1,50 m) sulla quota della massima piena di riferimento, che allora era quella del 1926.

Negli anni che seguirono si parlò di incompetenza degli enti preposti alla salvaguardia di quei territori, vennero indicate le responsabilità di prefetti, sindaci di pertinenza, ministri e sottosegretari. Si individuarono le criticità del sistema polesano, si riprogettarono le misure di salvaguardia e di gestione del Delta Padano.